PATRIZIA FUSARO: A MAN COLD AS DEATH – UN UOMO FREDDO COME LA MORTE – Recensione Scrittura Viva – La Voce del Recensore

PATRIZIA FUSARO: A MAN COLD AS DEATH – UN UOMO FREDDO COME LA MORTE


GENERE: MISTO


RECENSIONE

Un romanzo breve, quindici piccoli racconti fiabeschi, quarantuno aforismi e diciannove poesie compongono l’opera A man cold as death – Un uomo freddo come la morte di Patrizia Fusaro (Booksprint Edizioni, pagg. 122, anno di pubblicazione 2024). È una caratteristica ormai conclamata quella dell’autrice di riunire generi così diversi tra loro. Da una parte, nel romanzo, troviamo una realtà dura, sconcertante, con la quale il protagonista, che sviluppa un disturbo della personalità, dovrà convivere e dall’altra, nelle fiabe, la possibilità di riscattare le sofferenze, le ferite e tutto ciò che vi è di negativo attraverso la magia dell’amore, dell’amicizia e della solidarietà. Due mondi che rappresentano il vivere quotidiano con i due opposti, il male e il bene, le due forze che caratterizzano e muovono il mondo, dove si apprendono notizie di cronaca nera, si convive con l’aspetto malvagio dell’umanità, e che si cerca di superare avvalendosi della fantasia proprio come fa la Fusaro. L’autrice dimostra di avere una fervida immaginazione, almeno per quanto riguarda la strutturazione delle fiabe, poiché nel caso della descrizione di realtà difficili, leggendo il romanzo che apre l’opera, si avverte quasi la sensazione palpabile che per scrivere di certi fatti di violenza e sofferenze ci si debba essere in qualche modo passati. La sezione dedicata alle fiabe, agli aforismi e alle poesie è indubbiamente il modo più fecondo che l’autrice ha per scrollarsi di dosso le ferite personali – almeno questa è la mia lettura – e librarsi su quelle ali della libertà che le consentono di metabolizzare o ‘dimenticare’ i torti subiti. Ho virgolettato la parola dimenticare poiché spesso certe ferite dell’anima lasciano cicatrici profonde quasi impossibili da sanare. Cosa può accadere nella mente di un bambino che assiste a un atto violento? Questo è l’interrogativo che mi ha accompagnato durante la lettura del romanzo di Patrizia Fusaro. Il ricordo di un evento traumatico, quando non si è in grado di metabolizzarlo, dal punto di vista psicologico può portare alla rimozione (meccanismo di difesa) dello stesso, a disturbi della personalità – a sopravvalutarsi o sottovalutarsi – o a sviluppare un’eccessiva freddezza, come appunto nel caso del protagonista del romanzo descritto dall’autrice. La mente umana, è risaputo, ha un equilibrio molto delicato e gli eventuali traumi subiti durante l’infanzia possono condizionare negativamente l’intera esistenza laddove non ci sia il sostegno di persone competenti che aiutino il soggetto ad affrontare la sofferenza e a fornirgli gli strumenti per superarla. In alcuni casi l’affetto, l’amore e la vicinanza di persone care può essere un buon aiuto ma spesso non è sufficiente. Solitamente la vittima di un abuso o di qualsiasi violenza ha timore di parlare del suo malessere poiché teme il giudizio altrui. In diversi casi, come in molte delle storie di violenza, mafia, criminalità, raccontate dalla stessa Fusaro, l’ambiente deprivato, malsano, di scarso o inesistente livello culturale nel quale i soggetti malcapitati si trovano a vivere, rappresenta l’ostacolo più importante per una eventuale guarigione. È qui che interviene l’intelligenza emotiva che indica una strada alternativa alla ‘malattia’ per superare le avversità, quella della sublimazione attraverso l’arte che può aiutare chi è stato oggetto di violenza a mitigare il dolore. Non mi è dato sapere in che misura l’autrice ha dovuto fare i conti nella sua vita con le azioni malvagie di qualcuno, ma una cosa è certa… in tutte le sue opere si nota una grande volontà di reagire, e spesso imporre la sua determinazione di libertà, a volte spinta all’estremo, come si evince da alcuni aforismi che fanno molto riflettere. In essi l’attaccamento alla vita – quello che in psicologia viene chiamato istinto di vita – è ben saldo e rimarcato dalla Fusaro. È come se, attraverso la narrazione di storie di mafia e violenza, dove disegna con cura, anche nelle caratteristiche fisiche, tutti i protagonisti, l’autrice riuscisse a raccontare tutto con facilità, assumendo un atteggiamento freddo e distaccato, quasi come, pur presente, osservasse dall’alto le situazioni. Diverso è il caso delle fiabe, nelle quali l’autrice s’immerge completamente in un mondo ovattato, magico, desiderato, nel quale vince sempre l’amore, il bene, la solidarietà. Un modo, direi piuttosto un tentativo, di riportare un certo equilibrio dentro di sé per acquietare il malessere dell’anima. Tale tentativo negli aforismi e nelle poesie diventa ancora più evidente perché è attraverso queste forme scrittorie che l’autrice si racconta completamente senza veli. È lei il soggetto e in prima persona condivide pensieri, riflessioni che se da un lato dimostrano come sia riuscita a costruirsi uno scudo per difendersi dalle avversità, ben evidente quando la stessa afferma che ormai nulla le fa più paura, dall’altro possono rappresentare anche quel messaggio tra le righe che richiede aiuto, attenzione. Non si è mai completamente forti di fronte agli eventi negativi della vita, così come non si è mai del tutto fragili, poiché quando ci si trova dinanzi a delle difficoltà, inaspettatamente, scopriamo delle forze impensabili dentro di noi. Come per tutte le altre opere della Fusaro da noi trattate, non possiamo che apprezzarne l’abilità immaginativa ma consigliamo sempre all’autrice di affidarsi a bravi editor affinché curino la forma che per chi scrive è importantissima, poiché della correttezza uno scrittore non può fare a meno.

Angela Perrotta

Per l’acquisto del libro:

https://www.booksprintedizioni.it/libro/romanzo/a-man-cold-as-death