LORENA GIUBERGIA: È L’AMORE CHE RESTA… – Recensione Scrittura Viva – La Voce del Recensore

LORENA GIUBERGIA: È L’ AMORE CHE RESTA…

GENERE: NARRATIVA

RECENSIONE

«La morte non è niente. / Sono solamente passato dall’altra parte: / è come fossi nascosto nella stanza accanto. / Io sono sempre io e tu sei sempre tu. / Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. / Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; / parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. / Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. / Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, / di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. / Prega, sorridi, pensami! / Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: / pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. / La nostra vita conserva tutto il / significato che ha sempre avuto: / è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. / Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? / Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. / Rassicurati, va tutto bene. / Ritroverai il mio cuore, / ne ritroverai la tenerezza purificata. / Asciuga le tue lacrime e non piangere, / se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.» Sono questi i versi che mi sono venuti subito in mente mentre leggevo l’opera narrativa di Lorena Giubergia È l’amore che resta… (Casa editrice Albatros, anno di pubblicazione 2017, pagg. 62) dedicato al padre scomparso. Questa preghiera o poesia introduttiva di indubbia attribuzione – alcuni ne conferiscono la paternità a Sant’Agostino, altri a Henry Scott Holland – ben si presta a spiegare il significato più profondo dell’opera che l’autrice ci dona. Perdere una persona cara è certamente una tra le esperienze più devastanti che si possano sperimentare e, quando a rimanere privata di un affetto importante è solo una bambina, il tutto può diventare molto più ostico da metabolizzare e superare. Sì, perché quando da adulti perdiamo i genitori, sappiamo che quello, ahimè, è il ciclo della vita: i genitori mettono al mondo i figli, li curano, li amano, li aiutano a diventare grandi, responsabili e autonomi finché non saranno gli stessi genitori ad aver bisogno dei figli i quali li accompagneranno fino all’ultimo momento. Ma quando la morte di un genitore, in particolar modo di una madre, avviene precocemente, come accade per Lucia, la protagonista della storia, ecco che il mondo d’un tratto sembra fermarsi e il tutto diventa ostile, così come il rapporto con i coetanei, soprattutto quando questi ultimi, non educati al rispetto del dolore altrui, si trasformano in nemici insensibili. Sappiamo quanto e come possono essere a volte crudeli i bambini di fronte a chi è fragile e indifeso. Ed è proprio fragile e indifesa che appare Lucia dopo il triste evento. A confortarla ci sono i nonni, che fortunatamente fanno parte del suo quotidiano e che la aiutano con tutti i mezzi a loro disposizione, donandole affetto incondizionato. Tuttavia, di fronte alla morte di una persona cara, siamo soli con noi stessi, anche se circondati da parenti o amici, perché ognuno sperimenta diversamente questo tragico evento, e sempre in modo diverso lo metabolizza e lo supera. Oltre alla morte, l’opera menziona anche il sentimento d’amicizia, quella bella, attenta, presente, curativa, che rappresenta uno dei punti importanti di questo romanzo. Con la sua capacità di donare, pur nel dolore della sua situazione, la protagonista si dimostrerà in grado di grandi gesti. Seppure solo una bambina, Lucia capirà che, anche se fisicamente sua madre non è più presente, le è comunque sempre accanto per ciò che le ha donato, per le parole dette, per i momenti importanti trascorsi insieme, per gli insegnamenti impartiti, per il legame che resta… Ecco che così riaffioreranno i ricordi e le emozioni legati a essi e soprattutto l’amore di cui erano intrisi quei momenti speciali. Seppur crudele per via del tema trattato, l’autrice riesce a colorare il racconto descrivendo ad un certo punto l’atmosfera del Natale; atmosfera che anche se inizialmente è fonte di dolore, per ciò che non sarà più come un tempo, poi si trasforma, grazie proprio alla magia di quel periodo sacro che, se si ha un cuore sensibile e aperto, può davvero compiere incredibili miracoli. Ed è proprio per e con l’amore che sua madre le ha lasciato che si compirà un meraviglioso miracolo, e tutto per Lucia riprenderà a scorrere riacquistando il giusto senso. Quale sarà questo miracolo? Cosa consentirà a Lucia di riprendere in mano la sua vita? Una storia avvincente quella che narra l’autrice abile nel descrivere situazioni e personaggi. La penna della Giubergia è semplice, suggestiva, tenera e intrigante. Un libro con grandi insegnamenti: saper apprezzare la vita in tutte le cose semplici, dando valore a ciò che veramente conta e saper trovare sempre il risvolto positivo di ogni situazione, anche di una terribile come la morte. Un’opera che si legge tutta d’un fiato. Un racconto da leggere per ben meditare.

Federica Girotti

INTERVISTA

Cosa significa scrivere per Lorena Giubergia?

Per me scrivere si è sempre rivelato una fonte di “benessere armionoso”, è come dare concretezza ai miei pensieri, tanto è vero che mio padre, durante la sua lunga malattia e prima che la parola fine prendesse il sopravvento, mi aveva proposto di suggellare un patto, di mantenere una promessa, ovvero che dopo avrei “osato” inseguire i miei sogni, scrivendo un libro con tutto ciò che ne comporta. E così, dopo​ ben 5000 giorni per me faticosamente trascorsi, ho tenuto fede alla mia promessa, non immaginando assolutamente il risvolto di questa mia decisione.

Perchè ha scelto una bambina come protagonista della storia?

Perchè, obbiettivamente, parlare in prima persona del mio dolore non lo ritenevo opportuno, perchè non sono l’unica ad aver subito una perdita così devastante. Così ho deciso di dare vita e forma al mio dolore estrapolandolo dalla voce di Lucia. Anche qui cosa ovviamente insolita, perchè tutto ha avuto inizio quel 13 dicembre guardando il calendario. Nella mia mente si è materializzata questa frase: “Ciao a tutti, mi chiamo Lucia e ho mille cose da raccontarvi…” Dopo questo inizio il seguito del racconto fluiva nella mia mente, paradossalmente nei momenti meno opportuni, associando l’ultima frase scritta e completando la narrazione, senza mai cambiare o aggiungere niente.

Qual è il messaggio più significativo che ha voluto trasmettere con la sua opera?

Il messaggio che vorrei far trasparire è quello che mio padre si è prodigato ad inculcarmi fino alla fine del suo vivere su questa terra, ovvero le attenzioni alle piccole e semplici cose, quelle uniche e vere, l’affetto incondizionato, il più grande valore a cui si possa auspicare, oltre ovviamente al tempo da poter condividere con la persona a cui sei legata da un affetto profondo, sincero, che si nutre di rispetto. Il saper vedere sempre il bicchiere mezzo pieno in qualsiasi situazione. Mio padre era un fautore della vita​. Apprezzava la “fantastica” quotidianità, infatti io ho respirato affetto, sicurezza e tranquillità.​ È questo lo stato d’animo che vorrei far trasparire dalla voce di Lucia.

A proposito della sua opera…

Io penso che ciascuno di noi si possa identificare nel personaggio di Lucia. Il fatto stesso che​ non c’è descrizione fisica, apparentemente dà​ la possibilità al lettore di immedesimarsi, di riconoscersi nel tratto di dolore.​ Se da un lato è vero che dopo​ la morte di una persona cara veniamo privati della sua presenza, resta comunque​ la consapevolezza che la cosa più importante e indissolubile sono le tracce d’amore che ci ha lasciato, proiettate nei momenti condivisi, nelle parole dette, pensate con cura per arricchire l’anima, perchè in definitiva: È l’amore che resta… E niente e nessuno potrà mai portarceli via!

Ha in cantiere qualche altra pubblicazione?

Attualmente è già stata pubblicata la mia seconda opera, un proseguo dal titolo Riprendiamoci la nostra vita! edito​ dal Gruppo Albatros il Filo a marzo 2020. E siccome Lucia è piccola ed ha tutto un mondo da scoprire sto infatti lavorando alla terza opera.

L’ AUTRICE SI RACCONTA

Sono Giubergia Lorena nata a Cuneo nel 1967. La mia vita è stata caratterizzata da due grandi passioni: la scrittura e la lettura che condivido con mia figlia. Nel 2017 in merito ad una promessa suggellata con mio padre,​ è stata pubblicata la mia prima opera, È l’amore che resta…, dove ha preso vita e forma il personaggio di Lucia, regalandomi momenti particolarmente emozionanti, tra presentazioni e interviste televisive e radiofoniche dove resta sempre in rilievo il desiderio di sorridere alla vita nonostante tutto. Nel 2020 Lucia racconta ancora di sé nel proseguo: Riprendiamoci la nostra vita! Esperienze veramente piacevoli, condivise con mia figlia che mi segue come un’ombra in questa fantastica avventura.