ELISABETTA VIOLANI: SOLO UNO SBIRRO *scritturaviva- La Voce del Recensore

Lᴀ Vᴏᴄᴇ ᴅᴇʟ Rᴇᴄᴇɴsᴏʀᴇ
SCRITTURA VIVA

SOLO UNO SBIRRO di Elisabetta Violani

Storia di un ragazzo del Sud

a cura di Chiara Biagi

Si legge tutto d’un fiato l’originale romanzo di formazione Solo uno sbirro (Echos edizioni, pagg. 94, anno di pubblicazione 2020) dell’autrice Elisabetta Violani. Scorrevole e accattivante, narra le vicende di un giovane meridionale che trasferitosi al Nord, intraprende un’avventurosa carriera nella polizia partendo da semplice militare, facendo il piantone, poi il celerino, passando alle volanti, all’antidroga, alle squadre speciali. Una storia di ideali e valori, di scelte coraggiose ma anche dei cambiamenti che l’arma della polizia ha attraversato dagli anni settanta, periodo in cui si intensificarono il crimine, gli atti di terrorismo e i fenomeni mafiosi, passando per la smilitarizzazione, fino ai nostri giorni. Un’opera d’azione ma anche delicatamente introspettiva capace di portare alla luce la parte più autentica del protagonista, il quale, durante il suo “viaggio”, farà incontri interessanti diventando sempre più consapevole del suo sentire e di ciò che realmente desidera. Dinamico e veloce, il romanzo conquista in poche pagine, coinvolgendo il lettore in una vibrante e incalzante dimensione emozionale. Singolare e vincente risulta la strategia dell’autrice di non utilizzare nomi né per il protagonista né per gli altri personaggi, bensì dei soprannomi che diventano un tutt’uno con le persone raccontate. La penna della Violani a volte seriosa altre umoristica, capacità, quest’ultima, molto apprezzata considerando l’argomento del narrato, riesce a tenere alta l’attenzione del lettore fino all’ultima sequenza. Mai banale nel raccontare le vicende del protagonista, l’autrice riesce a ricamare una storia che può verosimilmente essere quella di un qualunque ragazzo, soprattutto se proveniente dal Sud dove non vi sono le stesse possibilità lavorative del Nord, pieno di ideali e speranze per il suo futuro. L’opera della Violani lascia aperti interrogativi importanti: fino a che punto il credere nei valori e il desiderio di essere utili agli altri, in un servizio come quello della polizia, può narcotizzare il vero senso della vita? E ancora: Ci si può immolare per una causa, anche se giusta, perdendo di vista le necessità personali? Tutti conosciamo il fascino della divisa… Queste le parole del protagonista: «Sentivo un fuoco che mi bruciava dentro e che mi diceva: “Fa’ qualcosa di cui tu possa essere orgoglioso”; forse era il desiderio di farmi ‘unuri’, come lo aveva chiamato mio padre, o forse era solo il desiderio di qualcosa di diverso». Del resto anche il padre era solito dire: «Chiuttosto morti, ma non contadini!» E ancora: «Tutto vestito con la divisa d’ordinanza mi guardai allo specchio che mi aveva prestato il compagno della branda di sotto: ero bello. Bello e fiero». La giovane età, diciotto anni, il desiderio di riscatto, di cambiare vita, per potersi dare una definizione e una collazione all’interno di un sistema sociale, è senza dubbio un bisogno di quel delicato periodo adolescenziale destinato a trasformare i ragazzi in uomini. È la naturale necessità di autorealizzazione, concetto, questo, molto discusso e diverso, per l’evoluzione del suo significato nell’epoca della società moderna della globalizzazione che Bauman definisce società liquida, rispetto a quello originario sul quale hanno scritto personalità importanti come gli psicologi Maslow e Roger e che ha a che fare, invece, con un processo di maturazione proveniente dall’interno e relativo alla necessità di far crescere ciò che realmente siamo. È quella completezza che comporta il sentirsi pienamente coerenti con se stessi avvertendo che si sta dando il proprio contributo per rendere il mondo un posto migliore. Questo è ciò che dovrebbe avvenire nel periodo adolescenziale, fase di sperimentazione, di messa alla prova e del bisogno di sentirsi gratificati per quello che si sta diventando, che conduce all’età adulta. Ed è anche, quello adolescenziale, un periodo in cui facili entusiasmi possono portare a sopravvalutare le scelte. Quali saranno quelle del protagonista? Lo scontro con realtà difficili e impreviste quali conseguenze porterà nella sua vita? I suoi ideali saranno rispettati dalle richieste di una società che spesso considera le persone ingranaggi dello stesso sistema? Significativo sia il titolo del romanzo, Solo uno sbirro, che cela il significato intrinseco di tutto il narrato, sia l’immagine di copertina della prima edizione che raffigura una spiaggia sulla quale sono adagiate le manette e una pistola. Un “viaggio” in tutti i sensi, quello che l’autrice ha voluto raccontare, attraverso cambiamenti personali e sociali che mostrano le ripercussioni di una società in continua trasformazione e degli effetti di quest’ultima sui singoli individui e sui buoni propositi, mentre sembrano riecheggiare per tutto il romanzo le parole del saggio padre del protagonista: «Figghiu miu, va cun Dio ma ricorda: la vita senza uniri è poca cosa, ma l’unuri senza vita è niente!» Un romanzo che di certo rimane nella memoria. Decisamente consigliato.

INTERVISTA

Quando nasce la sua passione per la scrittura?

La mia passione per la scrittura nasce dalla necessità di lasciare una testimonianza. Il mio libro d’esordio “SCRIVERE PER NON MORIRE. MEMORIE TRAGICOMICHE DI UN’EX RICERCATRICE”, con cui ho vinto il premio “In punta di penna” al Concorso Internazionale di Narrativa Città di Sarzana 2019, è infatti autobiografico e vi narro ciò che ho visto e vissuto in tanti anni di attività di ricerca in Università e nel privato. Ritengo che la mia esperienza superi la fantasia e che meritasse di essere raccontata, soprattutto ai giovani che intendono approcciare questo mondo. Naturalmente sono da sempre una appassionata lettrice: ho incominciato a leggere a sei anni e da allora non ho più smesso. Talvolta leggo anche due o tre libri contemporaneamente. Quando ho capito che scrivere mi piaceva, ho continuato a farlo e sono arrivati altri due libri: “CRONACHE DAL QUARTIERE GALLEGGIANTE”, dedicato al quartiere genovese di Marassi, dove sono nata e vivo attualmente, martoriato dalla cementificazione e dalle alluvioni e subito dopo è arrivato “RACCONTI PER FUORI DI TESTA” che tratta episodi di vita vissuta apparentemente banali, ma che per le persone cosiddette “normali” possono assumere carattere epico. La vita è per lo più fatta di piccole cose, poche sono le persone che vivono grandi eventi e grandi esperienze e secondo me c’è bisogno di scrivere anche di questo.

Come nasce l’idea di questo libro?

L’idea di scrivere “SOLO UNO SBIRRO” nasce dal mio desiderio di abbandonare il genere autobiografico, ma di raccontare comunque storie ispirate alla realtà che ci circonda, in particolare del nostro paese, l’Italia, che secondo me è veramente unico, sia nel bene che nel male.

Molto interessante è la personalità del protagonista. Nel delinearla si è ispirata a qualcuno in particolare o è solo frutto della sua fantasia?

Come tutti i personaggi delle mie storie, anche in “SOLO UNO SBIRRO” mi sono ispirata a persone veramente esistite ed episodi veramente accaduti, ovviamente rielaborando il tutto con la mia fantasia di autrice. Secondo me ciò che affonda le radici nella realtà vive di una vita propria a cui l’invenzione non può arrivare, o per lo meno è così per me e vale per i miei scritti, per questo amo molto il mio Sbirro. Non dico di più.

Se dovesse definire il suo romanzo con tre aggettivi, quali sarebbero?

Reale, umano, vivo.

A proposito del suo libro…

È un libro che doveva essere scritto, forse esisteva già da qualche parte e io l’ho semplicemente raccolto e donato ai lettori.

BIOGRAFIA

Elisabetta Violani nasce a Genova, si diploma in lingue e si laurea in Scienze Biologiche. Dopo aver conseguito il titolo di Dottore di Ricerca nel campo delle Neuroscienze, lavora a lungo come ricercatrice in Università. Nel 2016 pubblica “Scrivere per non morire. Memorie tragicomiche di un’ex ricercatrice” con Giovanelli Edizioni, a cui seguono “Cronache dal Quartiere Galleggiante” e “Racconti per fuori di testa”, pubblicati nel 2018 sempre con Giovanelli Edizioni. Nel 2019 scrive “Il sole bacia chi vuole” (Giovanelli Edizioni) e “Storie magiche per ragazzi in gamba” (Tomolo-Edigiò Edizioni), antologia di favole premiata durante il Festival LibriAMOdena 2019. Il suo racconto inedito “Meccano” è stato pubblicato sul periodico “Il Monviso” in occasione del crollo del ponte Morandi di Genova. Con il libro d’esordio “Scrivere per non morire. Memorie tragicomiche di un’ex ricercatrice” vince il Premio “In Punta di Penna” al VII Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana 2019. Con il racconto inedito “Europa” risulta tra i finalisti del Premio La Quara 2019, racconto che viene inserito nell’antologia “Europa” di Infinito Edizioni. Il 14 settembre 2019 presenta il recital “Ridendo, quindi sul serio”, ispirato ai suoi primi tre libri, presso La Stanza della Poesia del Palazzo Ducale di Genova assieme ad attori e musicisti del Teatro di Genova. Nel mese di dicembre 2019 partecipa con un suo racconto all’antologia “Natale a Genova” edito da Neos Edizioni.