ALESSIO PAOLUCCI: LE CARTUCCE DEL ’74 – Scrittura Viva – La Voce del Recensore

ALESSIO PAOLUCCI: LE CARTUCCE DEL ’74 
RECENSIONE
“Il maresciallo Valenza entrò a Lilletta una domenica di marzo, con il sospetto che lo attendesse un caso semplice. Dal comando gli avevano riferito come il panico si fosse diffuso tra gli abitanti del paese nel giro di poche ore”.
Così inizia il romanzo di Alessio Paolucci.
Non capita spesso di trovare i libri piacevoli sin dalle prime pagine, e di avvertire forte quella motivazione che invita ad andare avanti. Le cartucce del ’74 (Edizioni Leucotea Project, anno di pubblicazione 2022, pagg. 186) di Alessio Paolucci appartiene a questa categoria, rapisce a primo impatto, come si evince dall’incipit, e non delude, lasciando soddisfatto il lettore a fine lettura. Il genere?… Giallo? Thriller? Mistery? Sicuramente il romanzo possiede le caratteristiche dei suddetti generi, ma è molto di più. Del resto è risaputo che più è facile incasellare un genere in uno “scompartimento” più la storia può risultare scontata; ed il romanzo di Alessio Paolucci proprio non lo è. Tutto inizia da tre strane telefonate intimidatorie che giungono a delle famiglie di un paese in provincia dell’Aquila. Dall’altra parte dell’apparecchio c’è una voce straniera, oscura, per nulla amichevole. Sarà un semplice scherzo telefonico o dietro quelle parole si nasconde una seria e reale minaccia? Cosa può succedere agli abitanti di un paesino che vedono messa in pericolo la vita dei propri figli? Cosa può provocare la paura di non essere più al sicuro nella mente dei padri di famiglia? Saranno il maresciallo Massimo Valenza e l’appuntato Giancarlo Dioscuru che, inviati nel paese di Lilletta, dovranno convincere gli uomini del posto – decisi a farsi giustizia da soli – a deporre le armi, e indagheranno su questo strano caso. Contro il nemico ignoto nei paesani si generano delle supposizioni che portano a galla storie del passato, eventi pregnanti, duri e non piacevoli. In effetti sono proprio i paesani i veri protagonisti di tutto il racconto. Passato e presente della vita degli abitanti di Lilletta si intrecciano in un ricamo disegnato ad arte dall’autore che riesce a passare con disinvoltura dalla descrizione di una scena all’altra. Paura, malcontento, rabbia si alternano nelle varie fasi della storia creando spesso situazioni a volte grottesche e divertenti, altre cupe e poco trasparenti. Alcuni personaggi misteriosi, in particolare, sono delineati con cura dall’autore che risulta abile nell’infondere nel lettore dubbi e nel suscitare interrogativi. Quali segreti aleggiano tra gli abitanti di Lilletta? Da chi dovranno guardarsi queste famiglie? Chi è o chi sono gli artefici di questo atto intimidatorio?
La scrittura di Alessio Paolucci è scorrevole e d’impatto, con un buon ritmo narrativo. L’uso delle modalità tipiche del dialetto – incisivo, diretto – (alle cui espressioni segue la versione in italiano) conferisce all’opera non solo un carattere distintivo ma anche quella vividezza di immagini che consente al lettore di figurarsi meglio dialoghi e situazioni. Piacevoli e dettagliate risultano le descrizioni, così come i dialoghi, appunto, che sono rapidi e ben congegnati. Una sottile venatura di umorismo dona fascino e leggerezza al romanzo, pur non perdendo di vista la serietà del tema trattato: la minaccia che incombe sui bambini di Lilletta.
Gli interessanti personaggi che aprono di volta in volta nuovi scenari, la suspense e la voglia di scoprire la verità che diventa sempre più pressante man mano che ci si avvicina alla fine sono i punti forza di tutta l’opera narrativa. Continue sorprese, rivelazioni, risvolti fanno voltare le pagine rendendo l’opera sempre più interessante e sfaccettata.
Ogni aspetto è sviluppato con cura, intelligenza e semplicità dall’autore, caratteristiche che conferiscono un ritmo compiacente, stimolante.
Anche il titolo dell’opera non è scelto a caso, e il lettore avrà sicuramente piacere di scoprirne il motivo. Dei bei libri non conviene svelare molto altrimenti si rischia di far perdere al lettore il gusto della lettura e il piacere della sorpresa, e di sorprese il racconto di Alessio Paolucci è ben condito. Non è soltanto un bel libro dal contenuto intrigante, dunque, ma anche un modo per riflettere sulle azioni e reazioni umane, sulle conseguenze dei comportamenti. Le cartucce del ’74… romanzo decisamente ingegnoso. Sarebbe un peccato perderlo.
Alessandra Ferraro
INTERVISTA 
Cosa rappresenta per lei la scrittura?
Ho sempre trattato la scrittura come un hobby, mai come un mestiere. È quel passatempo che mi tiene compagnia nei pomeriggi piovosi o la sera, se mi annoio. Ha sicuramente un significato profondo, a volte mi mostra addirittura chi sono, ma non voglio considerarla come una professione. Scrivo perché mi diverto nel farlo.
Com’è nata l’idea di questo libro?
È una storia vera. Me l’hanno raccontata i miei nonni, che l’hanno vissuta in prima persona. Mio padre è stato il primo a parlarmene. Mi disse, ridendo: “Fatti raccontare da nonno e nonna che combinarono quando vennero quelle telefonate!”. Mi è bastato ascoltare qualche dettaglio in più e già sapevo che ci avrei scritto un romanzo.
Quali sono i messaggi più significativi che ha voluto trasmettere con la sua opera?
Il romanzo vuole mostrare un tempo che non c’è più, quando la collettività era più importante dell’individualismo. Viene riportato in vita un paese pieno di anime, dove ognuno si conosce, dove ci si aiuta a vicenda e dove i guai di uno sono affare di tutti. Ma non solo; si affronta la paura dell’ignoto, che in una cultura rurale diventa anche paura dello straniero; la credulità popolare e la suggestione nei confronti dell’occultismo; la falsa sicurezza derivante dal possesso di armi; il senso del dovere nel contesto particolare dei primi anni settanta.
Quali sono secondo lei le caratteristiche che non dovrebbero mai mancare ad uno scrittore?
Il desiderio di leggere. Questo prima di tutto; perché ne ho sentiti troppi che scrivono ma non leggono e lo trovo un controsenso. Poi, mi piace pensare che uno scrittore debba essere avventato nella vita e assennato con le parole, o assennato nella vita e avventato con le parole. Una delle due. Chi riesce poi a trovare l’equilibrio tra le due cose, ha tutta la mia stima.
Ha in cantiere qualche altra opera?
Scrivo in continuazione da anni. Scrivevo anche quando non riuscivo a trovare un editore che mi pubblicasse. Quindi la risposta è sì. Avrò sempre in cantiere qualcosa di nuovo.
Dov’è possibile acquistare il suo libro?
https://www.ibs.it/cartucce-del-74-libro-alessio-paolucci/e/9788894918687
BIOGRAFIA
Alessio Paolucci nasce a L’Aquila l’8 ottobre 1992. Vive in un piccola frazione della città chiamata Civita di Bagno, che preferisce ricordare con il nome “Lilletta”. Matura ben presto un’antipatia verso la letteratura a causa della scuola, ma nonostante ciò continua a inventare storie. La sua fantasia si riversa sui libri, da quest’ultimi trae difatti l’aspirazione a diventare scrittore. A seguito di un concorso entra in contatto con una casa editrice e realizza il suo sogno. Oggi, tornato in comunione con la letteratura, studia e scrive nel tempo libero, o forse il contrario.
VINCITORE DEL PREMIO CITTADELLA 2011