IMMACOLATA ROSSO: IL TRENO DEL RITORNO – Scritturaviva – La Voce del Recensore –

IMMACOLATA ROSSO: IL TRENO DEL RITORNO

GENERE: POESIA

RECENSIONE

Io non so dire quello che hai letto con parole diverse da quelle che ho usato. Quando la spieghi, la poesia diventa banale. Meglio delle spiegazioni, è l’esperienza diretta delle emozioni che può spiegare la poesia ad un animo disposto a comprenderla.
Pablo Neruda (dal film il postino).

Fare poesia non è da tutti. C’è qualcosa di magico, di misterioso, di arcano in quei versi che riescono a scuotere il lettore, a emozionarlo, a far vibrare la sua anima. Quando leggendo dei versi il lettore riesce a vivere dello “stesso” sentire del poeta, a guardare con i “suoi” occhi a percepire con la “sua” anima, allora è possibile certamente affermare che la poesia ha raggiunto il suo scopo. Anche se ognuno di noi ha un modo singolare di avvertire, l’esserci con tutta la propria presenza in quel momento, in quello scatto fotografico – poiché la poesia è folgorazione di attimi – il partecipare fino all’empatia è segno evidente che il poeta è riuscito a traslare dal piano intimo e personale sensazioni ed emozioni che tornando a prender vita, staccandosi dal foglio bianco e animandosi di vita propria, raggiungono con immediatezza il lettore. È un co-partecipare, co-sentire che annulla le distanze fino a sentirsi Uno. È un annullare ogni dimensione spazio-temporale che lascia prendere vita a quella realtà sospesa, a quell’altrove dove intimamente ci si riconosce autenticamente. Ed è ciò che capita leggendo la silloge Il treno del ritorno (Ensemble edizioni, anno di pubblicazione 2019, pagg. 78) di Immacolata Rosso. In questo treno che misteriosamente diviene familiare al lettore ci si ritrova e ci si sente accolti abbracciati dalle riflessioni dell’autrice. Non è possibile sapere, dato che ahimè manca una prefazione all’opera, se questo treno viene effettivamente preso dall’autrice o l’espressione Il treno del ritorno è metaforica, intendendo cosi l’autrice quel percorso interiore che le consente di tornare a casa, a sé stessa, alla sua essenza. In ogni caso non fa molta differenza se questo viaggio avviene realmente o se si compie solo all’interno della sua mente; perché come ogni viaggio ciò che realmente conta è quello che accade durante… E ciò che racconta l’autrice è così pregnante e vivo che non importa se lo fa seduta in dei vagoni o altrove. Le immagini e le sensazioni descritte dall’autrice accompagnano dolcemente il lettore che si trova comodo, a proprio agio nei versi della Rosso. Per quanto riguarda i contenuti ce ne sono e anche ottimi: il senso del tempo, l’inquietudine del vivere, l’amore, la nostalgia – «Ma non c’è più il “noi” / che mi dava la penna più feconda, / la fantasia più audace». (Dalla poesia Manchi) – la fragilità sentimentale ed esistenziale, la solitudine, come esprime nei versi della poesia Dea della solitudine: «Ho la solitudine come compagna fedele». Anche la necessità di essere compresi e riconosciuti, così come l’urgenza di umanità di gentilezza, sono desiderio e speranza viva nell’autrice, come emerge nitidamente nella poesia Estraneo in città: «Nessuno osserva la mia umanità. / E perdermi è un attimo, sotto le volte ad arco / di una disperazione acuta. // Ma basterebbe una mano gentile / che mi aiutasse ad attraversare la strada, / e il duro asfalto contro cui sbatto la faccia / tornerebbe un giardino di maggio, / limpido di nuove possibilità. // Per un istante solo, / sarebbe ancora vita. // Vita piena». Vi è un vivere su due opposte sponde che contraddistingue il sentire della poetessa: da una parte l’inquietudine che in qualche modo la fa “soffrire” e dall’altra la quiete della notte. L’inquietudine è data dell’immaginazione che la fa sognare ma che proprio per questo la rende infelice perché in questo modo non riesce a godere appieno la quotidianità: «Detesto il desiderio / che mi spinge alla ricerca / di altri luoghi, di altre vite. // S’io non avessi l’immaginazione / – oh, quanto vivrei più felice! – / saprei godere dei miei giorni ordinari. // Ma così, sognando continuamente / ciò che non mi appartiene / vivo in un ciclone maledetto / che non mi appoggia mai a terra» (dalla poesia Inquietudine). Poi a sera tutto si placa e le ore notturne si dimostrano quell’habitat a lei più congeniale perché con la notte non deve fingere, come scrive nei pregnanti versi del componimento Il saluto della notte: «Mi ci sento a mio agio, con la notte. / Con lei sono anima bambina, / senza maschere né falsi gioielli. // Forse perché entrambe fuggiamo i rumori / e le luci violente, / paghe di respirare piano, / nell’abisso rovesciato che ci sovrasta, / con la sua tenda di stelle al led». La forma è slegata dai canoni stilistici conosciuti, ma ogni parola ha il suo preciso collocamento, è emozione che danza nella pagina, fissando con l’inchiostro, il tempo, i pensieri, i segreti di quel suo prezioso mondo interiore.
L’autrice riesce a destreggiarsi abilmente con una comunicazione fluida che gli è propria, e a scandagliare le più riposte pieghe dell’animo. Ritmo suono e pause si fondono alla perfezione fino a rendere i versi scanditi e piacevolmente musicali. Rimane vivo in ogni suo componimento la determinazione nel difendere i propri voleri e propositi – «Tieni sempre una piccola parte di te. / Ti servirà per ripartire, nelle ore bastarde della notte» (qui al contrario la notte è intesa come momenti difficili) – e la libertà: «Nata per volare controvento, / confido solo alla marea che sale ogni notte / la mia sete di libertà» (Io e l’albatro).
Una silloge di spessore, intensa ed emozionante.
Complimenti all’autrice.

Alessandra Ferraro

INTERVISTA

Come nasce la sua passione per la poesia?
Il desiderio di fissare sulla carta i fotogrammi di ciò che la vita mi mostra, è nato molto precocemente.
Ero un’adolescente da manuale, con tutti i complessi, le paranoie, le inquietudini che sono proprie di quella fase della vita, e trovavo sollievo e amicizia nel comporre opere che raccontassero il mio sentirmi fuori dal mondo.
Col tempo, naturalmente, il mio sentire si è evoluto, e oggi è un annotare, da osservatrice esterna ma attenta, le dinamiche che muovono l’umanità.

Com’è nata l’idea di quest’opera?
Ecco, per rispondere a un quesito che si è posta la gentilissima giornalista RAI Alessandra Ferraro nella sua recensione al mio libro, l’idea di questa silloge è letteralmente nata sui treni, perché li utilizzo spesso nei miei numerosi viaggi in giro per l’Italia.
La silloge, quindi, ha sia un senso letterale, inteso come un viaggio reale fatto in treno, laddove si incontrano spesso le più svariate situazioni e “pièce teatrali” messe in scena, inconsapevolmente, dagli ignari viaggiatori, sia un senso metaforico, inteso come il viaggio interiore che compiamo, e che naturalmente ci cambia, a ogni passo del nostro cammino di vita.

Come mai ha deciso di rinunciare ad una parte importante dell’opera qual è la prefazione?

Nella mia mente, c’era l’idea di un’opera scarna, scevra da ogni commento o anticipazione, per dar modo al lettore di immergersi fin da subito nell’ “acqua” limpida dei versi, a tratti calma e fluente, a tratti vorticosa e graffiante.
Sarebbe stato lui stesso, dunque, a decidere se e come interpretare ciò che avrebbe vissuto attraverso le poesie.

Quali sono i messaggi più importanti che ha voluto trasmettere nella sua opera?
Il treno del ritorno è un’opera che ha varie anime: quella contemplativa, quella tardo-romantica e quella di denuncia sociale. I temi trattati sono vari ed eclettici, i messaggi che li accompagnano lo sono altrettanto.
Si va dal senso di solitudine delle categorie meno fortunate, alla denuncia contro coloro che vivono solo per il “dio denaro”, dalla speranza di ritrovare la solidarietà tra gli uomini, alla consapevolezza della caducità della vita, in un crescendo di emozioni intense, fino a sfociare nella ribellione suprema: quella contro la morte.

Ha in cantiere qualche altra opera poetica?
Per il momento no, anche se la mia produzione poetica continua nel privato.
Tuttavia, essendo intellettualmente curiosa, ho voluto sondare i miei limiti provando a scrivere un romanzo, che probabilmente uscirà a marzo c.a.
In seguito deciderò se continuare sulla strada della narrativa o tornare al mio primo palpito, quello poetico.

BIOGRAFIA

Immacolata Rosso è nata ad Avellino nel Gennaio del 1976.
Risiede con la famiglia in provincia di Caserta.
Ha pubblicato la raccolta di poesie Sulle rive del tempo (2018), con la Casa Editrice Controluna, partner
della Castelvecchi Editore.
Il treno del ritorno (2019), è la sua seconda silloge poetica, pubblicato con la Casa Editrice Ensemble di Roma.