SILVIA DE LORENZIS: NON È MAI TROPPO TARTI PER INVERTIRE LA ROTTA – Scritturaviva – La Voce del Recensore

SILVIA DE LORENZIS: NON È MAI TROPPO TARTI PER INVERTIRE LA ROTTA

GENERE: ROMANZO

RECENSIONE
Quando si parla di violenza, bisogna tenere conto di tutte le sue diverse forme. La violenza psicologica, fatta di insulti, ricatti e umiliazioni volta ad annullare l’autostima e l’identità della persona che si ha di fronte; la violenza sessuale, cioè l’imposizione di un atto sessuale senza il consenso dell’altra persona, quindi con l’uso della forza o del ricatto per ottenere una prestazione; la violenza economica, quando una persona è costretta a vivere in un determinato contesto perché non autonoma economicamente. Ci sono poi, collegati a queste, atti persecutori come il bullismo, il cyber bullismo, il mobbing e lo stalking. Le statistiche parlano chiaro: più di un terzo delle donne ha subito almeno una volta nella vita una di queste violenze che aggravandosi sfociano nel fenomeno a cui è stata data la denominazione di “femminicidio”. Nel 2021, le donne vittime di femminicidio da parte di un partner o un familiare in tutto il mondo sono state cinque ogni ora; si tratta, senza esagerare, di un vero e proprio genocidio. In molti si chiedono: «Com’è possibile che queste donne non si rendano conto di ciò che sta loro accadendo? Perché non scappano, non denunciano, ma anzi proteggono il loro aggressore?». Ce lo racconta Silvia de Lorenzis nel suo romanzo (edito da Kimerik edizioni, anno 2022, pagg. 114).
Anna è una donna di trent’anni che lavora come commessa in una libreria di Lecce, città che le ha dato una seconda opportunità. La sua storia è raccontata in prima persona e comincia facendo un passo indietro nel tempo.
Anna ha diciotto anni e vive a Milano. Decide di scappare dalla sua città natale, dai continui litigi dei suoi genitori, alla ricerca di una vita meno opprimente. Trova rifugio a Polignano a Mare; un grandissimo cambiamento, che la fa sentire per la prima volta libera e padrona della propria vita. È sola, ma la sua penna le tiene compagnia da sempre. Dopo due anni dal suo trasferimento, le parole che mette nero su bianco non nascono più dal dolore, ma dalla gioia di guardarsi intorno e sentirsi rinata. Trova lavoro in una trattoria, dove stringe un sano legame con Lisa, una mamma single forte e coraggiosa che diventa la sua confidente, e con i titolari Luca e Silvia che rappresentano la sua seconda famiglia. Sembra proprio che tutto il mondo di Anna cominci a girare per il verso giusto, finché una sera la donna incontra Marco, così misterioso e affascinante che la conquista al primo sguardo. Sembra il classico colpo di fulmine da cui nasce un grande amore; ma la loro relazione si tramuta ben presto in un inferno. Dopo i primi mesi di idillio, Marco comincia a mostrare la sua vera natura di uomo geloso, possessivo e violento. Isola Anna da tutto ciò che la rende felice, convincendola di essere sbagliata, arrivando perfino a rinchiuderla in casa. Marco appare l’uomo perfetto agli occhi delle persone; attua tutti quei meccanismi tipici della personalità narcisista. Le imposizioni, i divieti e le violenze verbali, diventano ben presto calci, pugni e schiaffi. Anna si sente confusa, impaurita, e con il vuoto intorno a lei non sa come uscire da quell’incubo. L’amore tossico diventa il suo veleno quotidiano.
Grazie alla sua amica Lisa e a un tentativo disperato di dire basta, Anna, riesce a uscire da quel baratro. Si trasferisce a Roma e qui trova supporto in un centro anti-violenza del luogo: la Fondazione Doppia Difesa di Roma, un’organizzazione no-profit che si avvale della collaborazione di medici, psicologi e avvocati che assistono, proteggono e accolgono le donne nella situazione di Anna. Il percorso psicologico la aiuta a ritrovare il desiderio e la fiducia di ricostruirsi una vita. Decide, così, di tornare nell’amata Puglia, ma questa volta a Lecce, un posto nuovo dove non indugiare nei ricordi e dove ritrovare il mare; il “suo” mare, che le dona il profumo delle infinite possibilità della vita.
Nonostante questo romanzo tratti la tematica della violenza domestica in prima persona, l’autrice riesce a farlo in modo delicato e senza forzature. Leggendo le sue parole si avverte un desiderio di comunicazione molto forte, un messaggio per tutte le donne che non trovano il coraggio di denunciare gli abusi e che non si sentono meritevoli di avere una vita migliore.
Silvia de Lorenzis pone l’accento sulla vita ritrovata e non sul male subìto, del quale sembra scrivere in fretta. La violenza non deve avere l’ultima parola sulla vita di una donna. Un testo che di per sé è una denuncia e un inno per tutte le donne che vengono manipolate mentalmente, che pensano di non avere nessuno, che sono state isolate dal mondo, che hanno il corpo ricoperto dai diversi colori dei lividi che prima o poi le porteranno al cimitero.
Non è mai troppo tardi per invertire la rotta impone una riflessione anche sul contesto familiare. Anna infatti vive inizialmente in una famiglia disfunzionale, in cui i genitori insistono in un rapporto logoro, pieno di discussioni e litigi, al punto da indurla a scappare di casa. Anna è una facile preda, con questi presupposti, perché dalla famiglia si impara il tipo di relazione che tendiamo a riproporre in seguito.
Purtroppo il frutto di una cultura secolare sessista e patriarcale è di aver generato l’idea che una donna non possa permettersi di avere un proprio pensiero, una propria identità e autonomia, ma che diventi proprietà dell’uomo (sia esso padre, compagno o marito), il quale detenendone il possesso può fare di lei ciò che vuole. I fortissimi retaggi, che ancora oggi permangono nella nostra società, hanno creato i presupposti per quello che adesso necessita di un vero cambiamento attraverso l’educazione, la sensibilizzazione e la solidarietà.
L’autrice ha usato il mezzo più potente: le parole. Non bisogna smettere di parlarne, perché quando si scoprono certi avvenimenti è già troppo tardi; molte sono le vittime che tacciono per mesi, anni, anche decenni. Silvia de Lorenzis, non ci sta, e vuole urlare a gran voce che non è mai troppo tardi per invertire la rotta: ogni persona ha il diritto di decidere autonomamente sulla propria vita che può trasformarsi in un’opportunità meravigliosa.

Nicoletta Grossi

INTERVISTA

Il suo romanzo veicola un messaggio molto attuale e di forte impatto. Ci sono state delle difficoltà nella stesura?

Sono convinta che la scrittura, oltre a regalare dei bellissimi viaggi emozionali, ha il potere di trattare tematiche sociali importanti e, nel suo piccolo, può contribuire a informare, incuriosire, sensibilizzare.
Il mio romanzo è nato dal desiderio di impegnarmi in prima persona nella lotta contro la violenza sulle donne, una tematica che ho particolarmente a cuore, in qualità di assistente sociale, ma, soprattutto in quanto donna. In queste pagine ho voluto raccontare il non amore, quello violento, malato, per dare voce a tutte le donne che vivono nel silenzio, perché non hanno ancora trovato il coraggio e la forza di denunciare. Donne ferite, umiliate, violate, nel corpo e, soprattutto, nell’anima. Ma, più di ogni altra cosa, ho voluto raccontare l’amicizia e l’amore, quello vero, capace di accendere di vita l’anima e colorare di senso ogni battito di cuore.
Sono fermamente convinta che chi scrive ha una grande responsabilità: regalare autenticità ai lettori. Per questo, durante la stesura del mio romanzo, è stato necessario approfondire, studiare, confrontarmi con chi opera sul campo, in prima linea, accanto alle donne vittime di violenza. Al riguardo, è stata davvero preziosa la collaborazione della Fondazione Doppia Difesa Onlus di Roma, fondata da Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno, in particolare di Valentina, che mi ha ascoltata con interesse e attenzione, raccontandomi il suo mondo speciale, pronto ad accogliere e sostenere chi ha subito discriminazioni, abusi e violenze, ma non ha il coraggio o la forza di denunciare.

Come nasce il suo amore per la scrittura?
Fin da bambina ho sempre avvertito il bisogno di scrivere. Ho iniziato a scrivere per me stessa, affidando i pensieri alle pagine di un diario ed è stato così che ho imparato a conoscermi nel profondo, ad apprezzarmi, ad amarmi. Poi, con il tempo, ho scoperto la bellezza e il potere della condivisione e non sono più riuscita a fare a meno di aprire il mio cuore, raccontarmi e raccontare. La mia grande fonte di ispirazione è sempre stata la vita: sono luoghi, emozioni, incontri, persone che mi entrano dentro e sporcano d’inchiostro e di cuore le pagine del mio diario e poi quelle dei miei libri. Scrivere è un’esigenza fisiologica per me, come mangiare, bere, respirare.

Se potesse avere possibilità e risorse illimitate c’è qualcosa che le piacerebbe realizzare per aiutare le donne che si trovano nella situazione di Anna?
Credo che al giorno d’oggi, l’arma più potente che abbiamo sia la prevenzione e sicuramente investirei in tal senso. Dobbiamo sentirci tutti responsabili, puntare sulla prevenzione e insegnare ai nostri figli ad amarsi e ad amare, ad accettare la diversità, educandoli fin da piccoli alla gentilezza, all’uguaglianza, incoraggiandoli al rispetto e all’accoglienza. Dobbiamo dedicare del tempo all’ascolto delle loro emozioni più profonde, all’accoglienza dei loro pensieri più nascosti, aiutandoli a rielaborarli, migliorandone la qualità, se necessario. Dobbiamo dialogare insieme a loro sul diritto di ognuno ad autodeterminarsi, sulla libertà di essere e la responsabilità del fare. Non possiamo più accettare la violenza con amara rassegnazione. Ognuno di noi ha il diritto e il dovere di sperare che qualcosa un giorno possa cambiare, ma non prima di aver fatto il primo passo, ognuno nel proprio piccolo, insegnando ai più giovani che il vero amore non uccide, non colora di lividi il corpo, non sottrae ossigeno al cuore, perché l’amore non è una prigione, ma un meraviglioso respiro di libertà.
Un altro aspetto fondamentale su cui mi piacerebbe investire credo sia quello dell’indipendenza. Le donne che subiscono violenza sono spesso costrette a vivere in una condizione di isolamento, di povertà e di totale esclusione dal mondo esterno lavorativo, per questo sarebbe importante garantire loro percorsi che favoriscano l’autonomia, in particolare quella economica, in un’ottica di inclusione e di autodeterminazione.

In Non è mai troppo tardi per invertire la rotta, Marco isola Anna dal resto del mondo, una tecnica ricorrente negli abusi domestici. C’è qualche suggerimento che si sente di dare alle persone che, come Lisa, si accorgono della situazione e cercano in tutti i modi di stare accanto alla vittima? Quali sono secondo lei gli errori più frequenti che commettono famigliari e amici in questi casi?
Esiste un solo modo per sapere con certezza se una donna è vittima di violenza: chiederlo direttamente, ma non è semplice, perché questa domanda deve essere posta con estrema delicatezza, in un contesto di calma e tranquillità, dove la donna possa sentirsi a suo agio e al sicuro. Le donne vittime di violenza sono spesso reticenti a parlare, per vergogna, per paura del compagno, per il timore di non essere credute, perché pensano che sia colpa loro. Ma, per quanto difficile e complicato, liberarsi dalla violenza è possibile. Che si tratti di un ascolto in ambito professionale o di una confidenza tra amiche o in famiglia, in questi casi è fondamentale garantire un clima di accoglienza, rispetto e fiducia. Il consiglio che mi sento di dare è di non azzardare consigli. Si tratta di situazioni complesse e spesso pericolose. È fondamentale ascoltare, offrire il proprio supporto, sospendendo il giudizio, senza forzare a prendere decisioni, ma sostenendo e rimandando forza. Occorre sottolineare che la violenza non è mai giustificata e che non è mai una colpa di chi la subisce, ma solo di chi l’agisce. Di primaria importanza è informare queste donne che possono contare sul sostegno e sull’assistenza dei servizi sociali e dei Centri Antiviolenza, presidi territoriali specializzati che lavorano allo specifico scopo di sostenerle, accompagnandole in ogni piccola fase del percorso di liberazione dalla violenza.

Complimentandomi per i risultati ottenuti dai suoi romanzi, mi domando: quali sono i suoi futuri obbiettivi come autrice?
A settembre riprenderò le presentazioni del mio romanzo ma, nel frattempo, ho iniziato a scrivere una nuova storia… il mio cuore, la mia “penna” non si fermano mai. Per ora, però, voglio godere appieno del mio presente.
Come ho scritto nel mio primo romanzo Il cuore è il mio bagaglio a mano “l’unico tempo che abbiamo è quello che stiamo vivendo, adesso, in questo momento esatto. Perché la felicità, quella vera, non conosce altro tempo se non il presente”.
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BIOGRAFIA

Silvia De Lorenzis nasce a Galatina, il 29 Settembre del 1981. Consegue la Laurea Triennale in Servizio Sociale, la Laurea Magistrale in Progettazione e Gestione delle Politiche e dei Servizi Sociali e un Master in Valutazione delle politiche e dei servizi sociali, presso l’Università del Salento. Lavora come Assistente Sociale sia presso il Comune di Melendugno e presso l’Ufficio di Piano del Comune di Martano (LE). Adora il suo lavoro e lo svolge con passione ed entusiasmo.
Nel 2015 e nel 2016 ha collaborato con la rivista letteraria “La Fornace”.
Il suo primo libro, In equilibrio sui bordi dell’anima, edito dalla casa editrice Kimerik, è stato pubblicato il 5 Dicembre 2018 e ha vinto il premio della critica “Bruno Epifani” all’interno del concorso letterario Premio Vitruvio 2019.
Il suo primo racconto, Ritorno alle origini, contenuto nella raccolta letteraria “Puglia Quante Storie 2”, edito dalla casa editrice I libri di Icaro, si è classificato tra i tre finalisti all’interno dell’omonimo concorso letterario.
Il suo secondo racconto Il Rumore del silenzio, contenuto nella raccolta letteraria “Puglia Qunate Storie 3” si è classificato tra i dieci finalisti all’interno dell’omonimo concorso letterario.
Il primo romanzo Il cuore è il mio bagaglio a mano, edito dalla casa editrice Kimerik nel mese di maggio 2021, si è classificato al primo posto per la sezione libri editi del Premio Letterario Nazionale Città di Taranto 2021, ha guadagnato un diploma d’onore al Premio Letterario Milano International, un diploma d’onore con encomio di merito al Premio Letterario Internazionale Michelangelo Buonarroti e un diploma di merito al Premio Letterario Victoria 3.0. Inoltre è arrivato tra i finalisti del premio letterario Nabokov 2021.
Il suo ultimo libro, il romanzo Non è mai troppo tardi per invertire la rotta, edito dalla casa editrice kimerik, è stato pubblicato il 29/09/2022 e si è aggiudicato il premio speciale della giuria del Premio Vitruvio 2023.
Scrivere, per Silvia è “respirare la vita, assaporare emozioni, toccare pensieri, vedere nuovi orizzonti, sentire nell’anima il profumo della libertà”.