FRANCESCA BELPANE: I PASSILENTI DEI GIORNI – Recensione a cura di Scrittura Viva -La Voce del Recensore

GENERE: POESIA

RECENSIONE

I passilenti dei giorni (L’Inedito editrice, anno di pubblicazione 2022, pagg. 96) è la seconda silloge di Francesca Belpane. Ho avuto il piacere di occuparmi della sua poetica in occasione della suo esordio con Grevi Leggerezze. In questa seconda raccolta ho travato l’autrice non solo maturata ma anche trasformata. Una trasformazione riguardante l’uso maggiormente consapevole delle parole che, pur scaturendo dalla forza impulsiva del momento ispiratore o dal ricordo nostalgico di qualcosa di rilevante, hanno una forte aderenza alla realtà, ai suoi tempi nel divenire delle stagioni che vestono la sua anima o viceversa. Sì, perché quando il poeta scrive non sa effettivamente se è il suo stato d’animo ad adagiarsi nella realtà esterna o se è quest’ultima a influenzare il suo sentire. Sarebbe più appropriato affermare che ci sia una compartecipazione delle due realtà. Un sentire che diventa tutt’uno dissolvendo anche il più resistente confine.
Nulla sembra essere messo a caso: le pause, le rime accennate, le chiuse di ogni componimento a cercar di voler riassumerne il senso, i titoli scelti con cura, così come il titolo della stessa opera che ci prepara a quel suo modo di avvertire lo scorrere del tempo: cadenzato, lento. E quella dell’autrice non è una lentezza apatica, rassegnata, bensì una modalità di vivere e sentire totalmente e con trasporto mediante il ripiegamento su sé stessa, la riflessione, l’ascolto del suo essere che richiede appunto i giusti tempi, quelli dilatati, larghi, comodi. E ci si sta proprio comodi nei versi che ci offre l’autrice dai quali ci si sente cullati, accarezzati, confortati. Ogni componimento è un quadretto di vita, un dipinto che l’autrice traspone con i suoi colori dell’anima. E le immagini sembrano scorrere davanti come diapositive, come scatti fotografici il cui unico intento è quello di fissare una emozione, un ricordo, un pensiero da condividere: «Durante il viaggio, / tortuoso come un desiderio, / scorgo sequele di lauree vigne. / Contadini stanchi, / con la pelle bruciata / dall’astro cocente, / spostano pampini / E alla fatica imprecano. / … / Un campo / giallo paglierino / attende mani robuste / E falci taglienti / per ridare respiro / alle zolle nascoste. / Il cielo blu / scevro di nuvole / regala l’infinito / al cerchio fulgente. / È una domenica d’estate / E nel borgo marinaro / rintoccano campane». (Dalla poesia Verso il mare.) Le descrizioni sembrano staccarsi dal foglio e materializzarsi davanti agli occhi del lettore attento.
L’autrice suddivide la silloge in quattro sezioni, quante sono le stagioni: Primavera, Estate, Autunno, Inverno. L’accostamento dei suoi stati d’animo alla natura questa volta non è marginale. La natura non è solo uno sfondo, un valore aggiunto, ma parte integrante del suo esperire: «Sono un fiore di loto / splendida rinasco ogni dì / col sorgere del sole». (Dalla poesia Come un nelumbo.) Vi è quasi una compenetrazione e anche se non si può parlare di vero e proprio panismo, ci si avvicina molto. La natura è allo stesso tempo anima e cornice delle sue riflessioni, compagna fedele del suo viaggio. L’alternarsi delle stagioni sembra abbracciare il suo sentire, così che la primavera e l’estate la invitano a emozioni più leggiadre, mentre l’autunno e l’inverno a quelle più cupe… E tuttavia neanche nei componimenti che colloca nelle sezioni autunnale e invernale vi è mai un sentimento di prostrazione, di resa, di struggimento totale. L’autrice è sempre accompagnata da una forza positiva e propositiva: «Mi cullo nei rami / su cui riposo / e cerco nei sogni / i paradisi agognati. / Neanche un nubifragio / potrà avvizzire le ali». (Dalla sezione Autunno, la poesia Pilota d’eccezione.) E ancora… «Piove sull’asfalto, sulle fronde / ma tra le pareti della cucina / splende un sole calmo.» (Dalla poesia Ultimi temporali d’inverno.) Quella dell’autrice è fondamentalmente una poesia ricca di speranza e attesa, come recita il componimento Questa vita meravigliosa: «… Sto ancora aspettando / che l’animo umano migliori / che i duri di cuore cedano / che stavolta tocchi a me la felicità». Sogni, speranze, amore che trabocca anche quando parla della sua Terra martoriata, la Sicilia, che profuma di zagare, ma anche caparbietà e determinazione colorano i versi della Pelpane che non si lascia intimorire dalle tempeste della vita e dal tempo che inesorabilmente scorre, come recita la poesia Dentro una clessidra, nella quale più che in altre traspare sicurezza ed equilibrio, così come padronanza del proprio tempo anche di fronte alle avversità: «Voglio viverlo questo tempo, / sa che sono caparbia / e non starò a guardarlo scivolare / dentro una clessidra». La Belpane coinvolge e commuove con semplici parole.

Alessandra Ferraro

INTERVISTA

C’è stato un momento in cui lei ha scoperto o capito che doveva scrivere poesia?

Ho iniziato a comporre in forma poetica solo da qualche anno, per vincere una scommessa con me stessa. Volevo vedere se ero in grado di far vivere ai lettori le stesse emozioni, le​ sensazioni da me provate o di​ indurre ad una riflessione su qualche tematica sociale con un tipo di scrittura che fosse vincolata alle regole metriche e ritmiche proprie della poesia. È stata una bella e piacevole scoperta.​Ho sempre amato quest’arte.​ Ho sviscerato i versi di moltissimi autori italiani e stranieri e ciò mi è stato di grande aiuto, non solo per apprezzarli, per carpire i loro segreti nascosti tra le parole, ma soprattutto per conoscere me stessa, per imparare a scrivere dei sentimenti. Dopo l’entusiasmo e l’euforia iniziale, con la pubblicazione della prima silloge Grevi leggerezze (L’inedito edizioni), ho capito che dedicarmi alla poesia era divenuta, per me, una pratica quasi indispensabile. Uno strumento potente per esaminarmi, per inabissarmi nelle profondità più inaccessibili del mio essere e liberarmi, alleggerendo pensieri ed esaltando gioie. Anche le incertezze, le insicurezze o le problematiche quotidiane, oggi assumono dimensioni diverse. Prendono forma​ attraverso lemmi, strofe. Si fanno accarezzare, plasmare, diventano gestibili.​La poesia mi dona la capacità di osservare il mondo da altre prospettive e con occhi nuovi.

Come mai ha utilizzato le due parole (passi e lenti)​ unite nel titolo?

All’inizio dovevano essere separate. I passi lenti dei giorni.​Desideravo esaltare il concetto dello scorrere​ lento, ma inesorabile, del tempo.​ Le nostre giornate in effetti sono scandite da ore frenetiche o pigre che fanno volare via gli anni, la vita.​ ​Poi, però, un altro termine mi martellava in testa “silenti”.​ Volevo porre l’attenzione anche ai giorni silenziosi, quelli che passano senza essere vissuti realmente, in totale apatia, con ignavia, noncuranza, superficialità. Il peccato più grave che ogni uomo o donna può commettere. Dico sempre che c’è un’enorme differenza tra respirare e vivere.​Ecco, i giorni silenti sono quelli in cui si respira meccanicamente per “sopravvivere” ma che sono infruttuosi per la nostra esistenza, per la nostra crescita. Non ci arricchiscono umanamente, intellettivamente, professionalmente. Sono quei giorni a cui non diamo un senso.​ È stato così che alla fine ho deciso di fondere le due parole e dare origine a “passilenti”​ che le conteneva entrambe e che poteva condurre ogni lettore a interrogarsi sul significato.

Cosa ha significato scrivere questa silloge poetica?

Questa nuova raccolta di poesie è molto intima, incentrata sottilmente sullo scorrere del tempo.​ È suddivisa in quattro stagioni e pone l’accento sulle esperienze vissute e imperniate dalle caratteristiche peculiarità, fisiche e metereologiche, delle suddette.​ Mi rivolgo spesso alle stagioni della vita, dell’anima, dell’amore usando analogie e metafore che mettono in risaltato i punti in comune tra esseri umani e natura. In questi versi la primavera è un simbolo di rinascita, di inizio. Lo sbocciare di una vita, di un sentimento. L’estate personifica le certezze, le consapevolezze, l’allegria e la spensieratezza. L’autunno raffigura il passaggio, la caducità. La stagione più affascinante e inquietante. Ti porta a restare incantata dai suoi colori, profumi, ma triste perché è tutto effimero e presagisce la fine. L’inverno rappresenta la cupezza, il freddo dell’anima, il tempo dei bilanci ma soprattutto delle attese. Quelle che ci condurranno verso nuove primavere. Per cui scrivere questa antologia mi ha ricordato che sempre, dopo un periodo buio, bisogna aspettare con fiducia una nuova luce pronta a illuminare il nostro cammino. È un libro che apre alla speranza in quanto, se pensiamo di essere all’epilogo di qualcosa, non lo dobbiamo vivere come un punto di arrivo, bensì come una tappa da superare…

Cosa rappresenta la poesia per Francesca Belpane?

Ormai la poesia è parte integrante della mia vita. Attraverso Lei riesco ad entrare in sintonia con il mondo circostante e a far emergere tutte le emozioni.​ È un mezzo di trasporto imbattibile in quanto capace di condurti ovunque.​ Ha il grande dono di rendere le persone più sensibili, empatiche.​Grazie ad essa nulla rimane estraneo, lontano, oltre. Tutto si fonde con l’anima e ogni giorno, vissuto con armonia, con l’amore per la vita, diventa un giorno da ricordare.

Quando la poesia secondo lei può dirsi compiuta?

Ci sono un’infinità di ragioni che rendono una poesia compiuta:

Quando riesce a smuovere qualcosa dentro. Quando chi legge si ritrova.

Quando fa sorridere, ricordare, piangere pensare, riflettere.

Quando raggiunge chiunque e gli lascia in bocca quel sapore agro o dolce di cui si innamora e non ne può più fare a meno… …Esattamente come per chi la scrive!

BIOGRAFIA

Nata in Sicilia, a Caltagirone, dove attualmente vive. Ha conseguito il diploma Magistrale e coltiva vari interessi quali la fotografia, la meditazione, la lettura e scrittura. Ha lavorato come insegnante nella Scuola Primaria per lungo tempo finché, approdata al Nido d’infanzia, ha trovato la sua realizzazione in campo professionale e umano.​ Da sempre adora scrivere di sentimenti, dai quali si lascia trasportare fino a che, gli stessi, scorrono in un fiume di parole.
Ha già pubblicato alcune poesie in varie Antologie:​
M’illumino d’immenso (edizioni Pagine)​
Inno alla morte (Bertoni editore)
Inno all’infinito (Bertoni editore)
I segreti delle piccole cose (L’inedito edizioni)
Da quando ha scoperto la magia e l’essenza evocativa degli Haiku, componimenti di origine giapponese, ne ha pubblicato alcuni nella Raccolta
Trabocca nel loto la giovane rosa (L’inedito letterario editore).
Nel 2021 ha pubblicato la sua prima silloge Grevi leggerezze (L’inedito edizioni).
Ha vinto un concorso nazionale di poesia indetto dalla Ritmica dell’anima e ricevuto molteplici riconoscimenti in ambito poetico.
Nel 2022 è uscita la sua seconda Antologia edita dall’Inedito letterario intitolata I passilenti dei giorni.